che stringeva il mio busto
mentre una lucciola amica
illuminava il cunicolo oscuro
e le radici di un’edera
erano la fune per risalire.
Davanti a me
solo nebbia
rigurgito di un baco da seta
adesso, con le gambe libere
strisciavo come un serpente
ma più strada io percorrevo
più distante mi ritrovavo.
Pennellate di
un sortilegio
scivolavano da ogni crepa
mani dall’impercettibile tocco
saggiavano le mie caviglie
dopo mordevano a scarnificarmi
come le bocche di Scilla e Cariddi.
Nella pozza
formata dal sangue
si tuffavano larve di bruchi
annegavano talpe inesperte
dentro il pozzo delle mie lacrime
io osservavo riflesso il tuo viso
talmente bello da doverlo baciare.
La mia scommessa
era perduta
però il mio amore molto insistente
e la luce che pareva lontana
era l’ombra di un vecchio miraggio
il terreno frattanto franava
inghiottendomi fino alla testa.
D’improvviso e
quasi per caso
imparavo di averti scordata
i tuoi occhi, astri alla deriva
non posavano più sulla mia pelle
io rimpiansi e non seppi che cosa
sicché ritornai e non sapevo dove.
N° 2766 - 15 maggio 2014
Il Custode
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