Vivo nel limbo
da secoli
fin dal mio primo vagito
da quando ho aperto gli occhi
e ho guardato la vita
creatura piuttosto strana
che io ho voluto ignorare.
Mi disseto di
acqua piovana
regalo di un vento nomade
che filtra oltre i crepacci
e impatta sulla mia fronte
la mia bocca si apre ed attende
la lingua è mano che accoglie.
Pare quasi io
sia in una bolla
una trasparente prigione
che gira, si ferma poi rotea
sicché la testa si fa mulinello
però sento in fondo alle tenebre
i suoni di un mondo distante.
Vedo passare
le anime
veloci frammenti di luce
la direzione è una soltanto
nessun paradiso, né inferno
sono dirette in una discarica
fatta di rabbia e di oblio.
Mi nutro di
mosche adulte
rubate alla tela del ragno
strappo le ali e le sputo
si attaccherebbero al mio palato
il ragno mi tiene il broncio
ma si rassegna alla mia prepotenza.
A volte urto
contro le nuvole
o forse si tratta di scogli sul mare
ascolto qualcuno imprecare
probabilmente i granchi e i gabbiani
scusarsi, però, è da cuori deboli
il mio è indurito e rugoso.
Vivo nel limbo
da secoli
fin dal mio ultimo sorriso
da quando ho annusato il profumo
di un amore in putrefazione
sentimento alquanto maldestro
che io ho preferito evitare.
N° 2679 - 31 ottobre 2013
Il Custode
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