Pregare non mi
si addice
allora io ho supplicato
e l’ho fatto in silenzio
per non destare il tuo cuore
che inseguiva quei sogni
lontani dalle mie tasche.
Sicché la mia
liturgia
ha solcato le vette innevate
fino all’oceano violato
dalle mani sapienti del Dio
io l’ho guardato negli occhi
lui si è piegato in ginocchio.
Le dune di un deserto arido
salivano incontro alle nuvole
e come spilli di fiamma e veleno
calavano verso il mio sguardo
come avrei mai potuto vederti
se tu eri talmente distante?
Allora ho
racimolato note
svogliate e con troppe pretese
aggrappate alla mia lira
dondolavano come sull’altalena
e cantavano poesie in ebraico
e bestemmie rubate ai pirati.
Fu quando la
luna si accese
che io raggiunsi il crepuscolo
la tua ombra di nero di china
aveva seni lievi e ben modellati
io pensavo a quel nettare dolce
che risiedeva nei tuoi capezzoli.
Il tuo sorriso
fu una saetta
una stella che cade per caso
ho afferrato il residuo coraggio
la vita smarrita sulle tue labbra
accadde allora che, seppure amandoti
io rammentai di averti scordata.
N° 2720 - 24 febbraio 2014
Il Custode
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