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sabato 30 agosto 2014

STREGA FUTURA

Il tuo primo vagito
quasi un graffio sui vetri
e le tue minuscole mani
i tuoi docili artigli
lame rivolte al mio viso.

E sei bella a tal punto
che quasi credo all’oblio
all’eden che ho ripudiato
poiché non era appagante.

Guardami con i tuoi occhi
di lava pietrificata
io sono da sempre qui
e da sempre ti amo
è scritto nella mia anima.

Lontano si alzano grida
la cenere avvolge la pira
ma tu, fra le mie braccia
avrai un rifugio sicuro.

Sarai una strega bellissima
con i tuoi capelli di antrace
sicché affila le tue dolci labbra
saranno un’arma letale
eccidio di cavalieri e poeti.

Nel giaciglio di rose nere
e di amore incondizionato
noi due, incontro all’inferno
viandanti alla terra promessa.

Il tuo primo vagito
una dichiarazione di guerra
ai predicatori ed ai santi
liturgia verso la vita stessa
di cui tu sarai la Regina.

Io sono qui e ti amo
tu, frutto sfuggito al mio seme
apoteosi di estasi e amplesso
del sabba della notte più oscura.

  N° 2722 - 27 febbraio 2014

                                                       Il Custode

COSI' FU QUELL'AMORE

Fu un grido di battaglia
uno sparo in fondo al silenzio
che si levarono in volo
anche i fagiani terrorizzati.

Le tenebre, oramai polvere
violarono la notte intera
sicché lo sciamano predisse
un idillio di tuono e tempesta.

Quell’amore fu così violento
che lo scirocco ebbe a tremare
e raccolse foglie dall’altalena
ballerine di una danza sensuale.



Specchiata in una pozza profonda
l’ultima stella tentò la fuga
e nel labirinto dei suoi occhi
crebbero radici senza futuro.

Fu il lamento di una banshee
forse l’ululato di un lupo
si affacciava dal muro di nebbia
scheggiato da un breve sospiro.

Ed il sole diventò pavido
usò le montagne quale rifugio
allora la luna gonfiò i muscoli
impossessandosi del cielo intero.

Quell’amore fu così estasiante
che la sua ombra si fece scintilla
ma imprigionata dentro il crepuscolo
pare non sopravvisse alla luce.

  N° 2721 - 26 febbraio 2014

                                                      Il Custode

venerdì 29 agosto 2014

SALMO

Pregare non mi si addice
allora io ho supplicato
e l’ho fatto in silenzio
per non destare il tuo cuore
che inseguiva quei sogni
lontani dalle mie tasche.

Sicché la mia liturgia
ha solcato le vette innevate
fino all’oceano violato
dalle mani sapienti del Dio
io l’ho guardato negli occhi
lui si è piegato in ginocchio.

Le dune di un deserto arido
salivano incontro alle nuvole
e come spilli di fiamma e veleno
calavano verso il mio sguardo
come avrei mai potuto vederti
se tu eri talmente distante?

Allora ho racimolato note
svogliate e con troppe pretese
aggrappate alla mia lira
dondolavano come sull’altalena
e cantavano poesie in ebraico
e bestemmie rubate ai pirati.

Fu quando la luna si accese
che io raggiunsi il crepuscolo
la tua ombra di nero di china
aveva seni lievi e ben modellati
io pensavo a quel nettare dolce
che risiedeva nei tuoi capezzoli.

Il tuo sorriso fu una saetta
una stella che cade per caso
ho afferrato il residuo coraggio
la vita smarrita sulle tue labbra
accadde allora che, seppure amandoti
io rammentai di averti scordata.

  N° 2720 - 24 febbraio 2014

                                                       Il Custode

INQUIETA DIMORA

È il tuo riflesso adirato
ad agitarsi dentro lo specchio
il sospiro si fa imprecazione
che solleva lenzuola e falene.

Ora, saliti i tuoi primi gradini
il profumo diventa insistente
e dentro quell’inquieta dimora
tu sei l’ombra di un fiore di loto
tu sei tenebra e sei vaniglia
io un gatto sperduto nel buio.

E si ode il tonfo assordante
delle gocce di fredda rugiada
si sono aggrappate ai tuoi occhi
e tu hai chiesto loro di andare.



Un soffio di rapida brezza
uno schiaffo sulla mia guancia
come vorrei che fosse un bacio
da trascrivere sul mio taccuino
tu, parvenza dell’ultimo amore
ti nascondi dentro il tuo armadio.

Cade veloce la tapparella
ghigliottina sulle voci di strada
ed intanto cianciano i grilli
apprezzamenti volgari alle cicale.

Dentro quell’inquieta dimora
come al centro dell’autostrada
e la notte ha i modi garbati
quasi che fosse un antico guerriero
tu precipiti sul tuo cuscino
pensi e piangi da quanto sei sola.

  N° 2719 - 22 febbraio 2014

                                                      Il Custode

giovedì 28 agosto 2014

SALEM SAPEVA SORRIDERE

Salem sapeva sorridere
ed ogni volta che lo faceva
la luna usciva dalla sua tana
ed annodava il fazzoletto
per non dimenticare quel giorno
né il crepuscolo dentro il suo sguardo.

Lungo i sentieri della pianura
i grilli intrecciavano fili di erba
una corona ed un regno per Salem
e non importa se lei lo negava
e nascondeva la notte intera
nel nucleo esatto dei suoi capelli.

La vecchia maga con la bacchetta
agitava le fronde e gli incantesimi
ed in un lampo lei appariva
tra le pareti di rughe e di ombre
e in un tuono la voce di Salem
era la eco di una tempesta.

E nell’incavo dentro una quercia
qualcuno lasciò un pendaglio per Salem
una catena ed una tela di ragno
che il terremoto non poté mitigare
la spada vichinga sopra la soglia
era di monito per chiunque passasse.

Intanto il bruco saliva le scale
strisciando con garbo sul corrimano
si rammentò di essere stato farfalla
si rammentò di quanto amasse Salem
proprio mentre in punta di morte
pianse una lacrima di blu cobalto.

Sdraiato sotto una croce celtica
lo scuro pensiero di un menestrello
passano saette che hanno premura
talmente veloci che lui non le vede
mentre ripete oramai da molti secoli:
“Mi sono perso nel silenzio di Salem”.

  N° 2718 - 20 febbraio 2014

                                                      Il Custode

LUNASTIR

Io vengo da molto lontano
dove il cielo è porpora e argento
e le stelle talmente vicine
che le prendo e ne faccio origami.

E vedo oltre le dune
sentieri di pietre e mirtilli
il vento è una lama sottile
che soffia ed intanto borbotta
tra le colline, in mezzo alle gole
proprio al centro di Lunastir.

La polvere nelle narici
odora di cedro e di latte
l’erba è una spada forgiata
che taglia le mie caviglie
eppure io qui sto bene
ho solitudine e malinconia
e so che qualunque pensiero
è come polline che nutre le api.

Io lo conosco il tuo mondo
e non mi piace per nulla
sicché sorvolo veloce i tuoi monti
che tu non mi possa vedere
tu sei distruzione e rovina
un ospite che non è gradito
allora io rimango nascosto
ai tuoi occhi curiosi e malvagi
io vengo da un pianeta distante
e non ti voglio su Lunastir.

  N° 2717 - 20 febbraio 2014

                                                      Il Custode

mercoledì 27 agosto 2014

IL SENZA NOME

Il suo nome lo aveva smarrito
sferzato via dall’uragano
che la donna, seppure lo amasse
non seppe più come chiamarlo
e lo lasciò svanire nel buio
sulla scia di una stella morente.

In un sacchetto di polietilene
lui mescolò lettere alla rinfusa
anagrammi ed infine indovinelli
eppure egli non ricordava
sapeva soltanto di essere nato
in un giorno di solstizio estivo
quando i grilli, chitarra alla mano
componevano serenate e poesie.

A cavallo di un cavallo zoppo
si rivolse alla Sfinge di Tebe
che per risolvere l’enigma richiesto
pretendeva un bacio d’amore
ma l’amore era un sentiero distante
troppo lontano da poterlo raggiungere.

Alla luce di un fuoco fatuo
lui cercò sotto lapidi e fiori
e la donna, seppure lo amasse
si scordò di piangere la sua dipartita
egli invece, sulla coda di Orione
sembrava l’ombra di un cavaliere
ed il sorriso che fece alla luna
era il principio della sua pazzia.

  N° 2716 - 19 febbraio 2014

                                                      Il Custode

IL NASCONDIGLIO

L’ho cercata, la mia vita
dentro le tane di volpe
nel nucleo dell’oscura foresta
dove l’odore di muffa
copriva voci e sospiri
che la mia eco bisbigliava.

Ed ancora tra le radici
sparse un po’ alla rinfusa
della Datura Stramonium
la strega la fumava e rideva
ed in preda a fumi allucinogeni
mi offriva le labbra ed i seni.

Nel nascondiglio distante
dove è difficile giungere
sulla brace ardente del dolore
camminavo ed imploravo perdono
frattanto bruciavo d’amore
però scoprivo di essere solo.

Sicché l’angelo apriva le ali
e così mi occludeva la vista
lo scostavo via con un gesto
dal mio sentiero di rovi
poiché perduta nella penombra
riuscivo a vederne il profilo.

Sul fondo dell’oceano immenso
tra sirene lascive e perverse
Atlantide e le sue colline
parevano serbarne il segreto
e con l’acqua dentro i polmoni
raccoglievo coralli e conchiglie.

L’ho cercata, la mia vita
ed annusavo come un segugio
le tracce dei miei rimpianti
fino a scorgere il tuo viso
infine l’ho trovata, la mia vita
che tu stringevi fra le mani.

  N° 2715 - 18 febbraio 2014

                                                      Il Custode

lunedì 25 agosto 2014

MACERIE DI BOSNIA

Ti porto con me
sul dorso di una lacrima
sotto un cielo di cenere
tra Sarajevo e Srebrenica
dove i prati germogliano
fiori rossi di sangue.

Laggiù potremmo giocare
sopra i sentieri di tombe
nel labirinto di lapidi
che sembrano alberi spogli
e giunse violenta la brezza
alito di vulcano rovente.

Se mai tu incespicassi
sulle radici di ossa
allora avresti tagli e ricordi
come fu per i bambini
cicatrici dentro lo sguardo
sogni di terrore in frammenti.

Ti porto sulle colline
tra i crateri oltre le siepi
dove i cecchini fumavano
uno sparo ed un altro ancora
e quando le donne cadevano
loro esultavano, dopo ridevano.

Tra le palazzine annerite
sventrate da bombe e dolore
ed il ferro dentro i mattoni
è spina che annusa l’aria
intanto la tinge di ruggine
di brandelli di carne e capelli.

Rammenta di spengere il cuore
ed avrai mite la sofferenza
mentre i cani ti si fanno incontro
a chiederti cibo e carezze
ed hanno i musi di rughe
e gli occhi di filo spinato.

Adesso è lo spago robusto
a stringerti respiro ed anima
tra le macerie di Bosnia
e le ombre di chiunque morì
tu raccogli il coraggio ed impara
che fu solo l’ennesima guerra.

  N° 2714 . 13 febbraio 2014

                                                     Il Custode

TU SOSPIRI

Tu sospiri
e non è per amore
ma è la tua vita
che insegue altri percorsi.

E quanto sangue
che profuma la sabbia
che dipinge l’oceano
di striature scarlatte.

Mosche invadenti
si posano sulla tua pelle
dopo si specchiano
riflesse nelle tue pupille.

Chissà mai cosa osservi
il cielo o forse i tuoi sogni
il tuo sguardo postumo
pare non abbia più meta.

E la tua mano
stringe un batuffolo d’aria
tra le sue spire
giusto un frammento di voce.

Sicché sei bella
pallida quanto la luna
gelida più dell’inverno
quando si stende sui monti.

La notte e poi l’alba
per te non fa differenza
la tua anima è altrove
distante dal dolore trascorso.

Quindi tu taci
ma cosa potresti dire?
Lacrime ed ancora suppliche
che non volevi morire.

  N° 2713 - 10 febbraio 2014

                                                      Il Custode

sabato 23 agosto 2014

OCCHI DI GIADA

Si imprime il tuo bacio
ed è ceralacca rovente
un marchio sulle mie labbra
che io inseguivo nei sogni
sembrava distante nei secoli
ma era vicino una spanna.

L’oceano pare quietarsi
dentro i tuoi occhi di Giada
ed io vi raccolgo coralli
conchiglie striate d’amore
e lontano, verso Atlantide
viaggia la eco ed il tormento
di chi ha smarrito il senno
a causa della tua bellezza.

E lontano, incontro ai tuoi seni
il pudore è un castello di sabbia
che travolto dalla marea
crolla e non lascia scampo
a chi col naso alle sue feritoie
incespicava sopra il tuo viso.

Adesso il vento sussurra
ma è un canto di madrigale
non comprendo le sue parole
ma so che le piange per te
da quando il tuo splendido sguardo
si è alzato da sentieri di foglie
e posato sopra il suo grembo
è diventato il più bello mai visto.

Eppure tu mi sei dinnanzi
docile e altera come chi prega
e di colpo rammento il tuo nome
schiarisco la voce e il coraggio
ti guardo negli occhi di Giada
e giuro di amarti davvero.

  N° 2712 - 9 febbraio 2014

                                                    Il Custode

PAESAGGIO GIAPPONESE

Hai un sorriso magnetico
che pare una carezza di vento
polline di pesco nel cielo
sul grembo di una brezza leggera.

Quello che dice il tuo sguardo
è come un silenzio appagante
ed io ti contemplo
e contemplo quel paesaggio
che appare lo sfondo perfetto
per il tuo bellissimo viso.

Si posa con molto garbo
la spuma bianca d’oceano
tocco di onda e salsedine
agli argini del tuo Giappone.

Il tuo bacio è identico
gentile sulle mie labbra
io annuso il profumo di mandorlo
che saetta dentro i tuoi occhi
dopo ricopro il mio pudore
con la seta dei tuoi capelli.

Nel tuo giardino ordinato
tra ruscelli e fragili stanze
l’ombra del tuo corpo nudo
sulle pareti di carta di riso.

Amarti…è questa la pace
per il cuore adesso in tumulto
tu, come fossi geisha
sai farmi impazzire di te
io chiudo la mente e dimentico
d’essere fatto di carne e ferite.

Sul tappeto di fiori di loto
e sentieri che ti avvicinano
io stringo al mio petto implorante
il tuo corpo di giunco e di estasi.

  N° 2711 - 6 febbraio 2014

                                            Il Custode

giovedì 21 agosto 2014

AMORE E' UN FRAMMENTO DISTANTE

Quasi fosse processionaria
che ha sceso il pino marittimo
viaggia con garbo il dolore
si insinua dentro il tuo sguardo
la tua lacrima è oceano agitato
che flagella i tuoi occhi sopiti
si impiglia sulle tue ciglia
dopodiché si infrange al suolo.

Tu conosci la tua bellezza
ma è come se non ti importasse
e cammini il filo del marciapiede
a piedi nudi ed ali serrate
spicchi il volo e non sai per dove
non pianifichi alcuna meta
poiché hai letto dentro la sfera
che arriveresti sempre alla solitudine.

Ed il diluvio è un mantello
intrecciato da nuvole imbronciate
ogni goccia che ti perfora
ha la forma del tuo misero cuore
ed i corvi in bilico all’orizzonte
fanno moine davanti ai tuoi seni
sicché esprimi un primo sorriso
quello che tu non sapevi d’avere.

Ma il poeta sul dorso del drago
ti insegue da giorni infiniti
vorrebbe domandarti perdono
e perdonarti la tua fuga improvvisa
la sua eco si perde nell’aria
ti giunge come un sospiro flebile
egli si volta oramai rassegnato
il tuo amore è un frammento distante.

  N° 2719 - 6 febbraio 2014

                                                    Il Custode

L'UCCISORE

Le vittime dentro le gabbie
non gridano né imprecano più
corde vocali tranciate di netto
occhi spenti della disperazione
alcune paiono essere folli
ma è il frutto della loro paura.

Si fa chiamare dottore
indossa guanti e mascherina
l’uccisore è un fottuto sadico
a cui piace torturare animali
lo sguardo appare insensibile
il cuore emigrato distante.

Cattivo e privo di anima
egli gioca con aghi e provette
le vittime dentro le gabbie
lo temono come fosse il demonio
si fa chiamare dottore
ma è solamente un carnefice.

Se entri nel suo laboratorio
senti mormorare nell’aria
la morte che, quale madre pietosa
giunge a cogliere le creature
e ne allevia sofferenze e terrore
le conduce distante dall’uccisore.

  N° 2709 - 1 febbraio 2014

                                                    Il Custode

                                      

mercoledì 20 agosto 2014

MIA MADRE PIANGE

Mia madre piange
in ginocchio sull’erba
tra le croci di marmo
ed i cipressi silenti
intanto un vento pietoso
le accarezza i capelli.

Lei non sente la pioggia
si sposa con le sue lacrime
gocce scendono e baciano
le sue pallide guance
io vorrei tanto parlarle
ma la mia voce è un’ombra.

D’inverno il sole è pigro
e vola via molto in fretta
sicché è calato il crepuscolo
sui passi che percorrevo
e quell’uomo, quel mostro
era in agguato nel buio.

Io ho tentato di dire
che lei mi stava aspettando
ma lui era sordo alle suppliche
ad ogni mia implorazione
pareva che il mio dolore
fosse ragione di scherno.

Giuro, sono stata prudente
ho seguito i lampioni di sempre
però quell’uomo, quel mostro
è sbucato da in fondo alle tenebre
ed ha chetato la sua furia
dopo avere fatto scempio di me.

Adesso che io sono un sospiro
vorrei che lei mi desse la mano
perché non la volevo lasciare
perché io non volevo morire
mia madre piange…
mamma ti chiedo perdono.

  N° 2708 - 17 gennaio 2014

                                                      Il Custode