fatto di luce soffusa
leggero come tela di ragno
che catturava le prede.
Dosava le proprie parole
quasi fossero una maledizione
e quelle troppo romantiche
le scriveva su pezzi di nuvola.
Nacque che era dannato
sotto un cespuglio di rovi
e svezzato da una giovane talpa
la sua anima crebbe già cieca.
Il cielo sputava fuliggine
che egli scambiò per caffè
e la bevve, e diventò oscuro
quasi parte dell’intera notte.
L’amore era una liturgia
prelibato pasto del vento
ed egli assisteva al banchetto
ma rifiutò di parteciparvi.
Nacque che era affamato
di silenzi e di solitudine
e visse quanto bastava
per riempire il cuore di spine.
Dopo ci fu un’esplosione
di coriandoli e frammenti di luna
morirono le falene in volo
con le falene, i suoi pensieri.
Qualcuna ricordò la sua voce
come si ricorda un delirio
mentre egli, dalla sua tana
sorrideva per l’inganno creato.
N° 3833 - 25 ottobre 2019
Il Custode
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