ed il mare che ci
ospitava
diventò oceano in
burrasca
quel vento non ci lasciò
scampo
ci trascinò verso il
fondale
tu tra le sabbie di
Atlantide
io oltre i relitti del Titanic.
Poi, ancora, noi fummo polline
adagiati sui fiori di
campo
vennero api che non
compresero
l’amore che noi
seminammo
ci raccolsero per
recarci lontano
tu tra le nebbie del
Nord
io sulla salsedine ad
Ovest.
Impietriti nei nostri sogni
ci travestimmo da stelle
vaganti
ma brillavamo di una
tale luce
da fare ingelosire la
luna
che ci scagliò nella
galassia
tu incontro ai raggi di
sole
io all’ombra dei
bastioni di Orione.
Infine in un conflitto di cuori
noi dividemmo la stessa
trincea
e però la battaglia
infuriava
e non trovammo alcun
riparo
un'esplosione ci
scaraventò distanti
tu incatenata nel tuo
silenzio
io prigioniero della
solitudine.
N° 3634 - 6 maggio 2019
Il Custode
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