come ultima, estrema risorsa
per avere qualcuna negli occhi
e sfuggire la solitudine
che mette radici nell’anima.
Intanto arriva la sera
ed io annoto sul mio taccuino
le volte che ti ho ferita
le volte che mi hai deluso
e chiedo scusa ad entrambi.
Se solo potessi parlarti
lo farei con un tale silenzio
con il quale tu potresti sentire
il sibilo del mio dolore
i suoni racchiusi nel cuore.
Eppure sei talmente bella
che non ricordo il tuo nome
né quanto tempo è passato
da quando ti ho teso una rosa
appassita ed in putrefazione.
Infine sorrido di te
che rimani la mia utopia
poiché io so di non volerti
e so che tu non desideri me
…ma me ne farò una ragione.
N° 3978 - 17 febbraio 2020
Il Custode
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