e nuvole che invocano morte
eppure nessuno percepisce
il lamento dei miei pensieri.
Ed il vento fra i miei capelli
è un artiglio gelido e spietato
che se io avessi ancora lacrime
sommergerebbero terre distanti.
Stupidi, stupidi uomini
talmente arroganti e pieni di sé
essi rincorrono fatue chimere
e sono artefici del proprio declino.
Tra le montagne, attendo
io, profetessa vergine del delirio
che se solo qualcuno mi imparasse
potremmo, noi, mutare il destino.
Ma io lo so, ho visto ogni cosa
nella mente mi è chiaro il finale
e nell’arco di pochi millenni
saremo spazzati via come polvere.
Sarà il fuoco, e dopo il ghiaccio
nulla a cui si può sopravvivere
io conto le lune, scosto le stelle
singhiozzo parole che sono mute.
N° 3991 - 29 febbraio 2020
Il Custode