ed ero immortale
dopo fu il tempo di crescere
riporre dentro un cassetto
le ali e la fantasia
e all’interno del cuore
qualche oncia di malinconia.
Avevo penne da indiano
il petto glabro e sottile
ma un giorno sfilai dalla roccia
la spada di mago Merlino
e dentro l’anima, il drago
trovava un nascondiglio
e sfuggiva il dardo del cavaliere.
Sulle ginocchia, le cicatrici
che la guerra fatta per strada
comportava lacrime e ferite
io, però, ero un bambino
e guarivo in un breve istante
e lo sguardo era rapace
a contemplare l’orizzonte.
Annusavo il fumo malsano
sputato dalle acciaierie
con il coltello di legno nella cintola
e l’incoscienza dentro la mente
che mamma gridava parole
in una lingua incomprensibile
imparata quando stava al Sud.
Collezionavo tappi e figurine
e i miei criceti erano mostri
che divoravano i soldati
sparpagliati per la mia stanza
ma io ero una bambino
ed ero felice
dopo fu il tempo di dimenticare.
N° 3928 - 7 gennaio 2020
Il Custode
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