Un lieve
fruscio nella notte
che smuove le ragnatele
e strisciano sul pavimento
passi che non hanno premura.
Le convulsioni
di un ricordo
nelle quali io mi agito
come ragni che dalle pareti
si precipitano sulla mosca.
Pochi
ologrammi di ibrida forma
artigli della materia cerebrale
io sbatto la testa contro il muro
sangue copioso che non si tacita.
Nella mia
stanza c’è umidità
fatta di lacrime e disperazione
la mia anima è una spugna arida
alienata dalle morti vissute.
Allora grido
il mio pensiero
stride il mio graffio sulle pareti
amori, o amori troppo distanti
che vagamente rammento le voci.
Nemmeno la
luna mi aiuta
sgualdrina persa ad amoreggiare
si mangia le unghie, dopo le sputa
e sono spilli dentro i miei occhi.
Sorridono
malvagi, gli spettri
danzano sul mio cuore di plastica
ed hanno scarpe di magma rovente
sicché il mio cuore diventa cenere.
Siate
magnanimi nei miei confronti
verso il dolore che non mitiga
non ho un passato, non voglio futuro
ed il presente è fatto di nulla.
N° 2749 - 15 aprile 2014
Il Custode
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