Guardavo la
gente sul molo
ognuno sembrava in attesa
dell’ultimo raggio di luna
ma io ero impegnato a pensarti
e sul molo avevo paura
che tu non tornassi mai più.
All’ombra di
una vecchia bitta
riposava un gabbiano ubriaco
dormiva e diceva il tuo nome
che aveva carpito ai miei sogni
ai piedi di una vecchia bitta
quel gabbiano adesso agonizzava.
Dietro una
nuvola opaca
il sole giocava e rideva
poi stese le sue lunghe braccia
a dipingere alcuni spicchi di mare
sicché il mare si adirava
e spruzzava a volergli sputare.
La cartina
dentro la tasca
era umida di salsedine e lacrime
io giravo e rivedevo il tuo viso
io fumavo e cominciavo ad odiarti
erba tagliata da un campo di grano
che intossicava gola e polmoni.
Asfalto gelido
quanto la neve
sotto i miei piedi bagnati
io supplicavo alla notte in declino
di restare ancora un decennio
il tempo di costruire murales
con la tristezza dentro i tuoi occhi.
Dopo arrivò un
lampo improvviso
una scheggia di fuoco scarlatto
che lontano, all’orizzonte
mostrava il punto del tuo sospiro
io ricordavo e non ero sicuro
fu allora che lessi i tuoi appunti.
E nel mentre
cercavo il diario
dallo zaino cadde un ciondolo bronzeo
un ragno si fermò sui tuoi seni
allontanandomi dai tuoi capezzoli
egli costruì una tela robusta
troppo per le mie mani tremanti.
Fu così che io
mi rassegnai
ad incontrarti soltanto nel sonno
il gabbiano oramai era polvere
adesso io ero davvero da solo
ed avevo perso l’istante di dirti
che mi sei mancata fino a morirne.
N° 2733 - 16 marzo 2014
Il Custode
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