E’ soltanto un
gemito
eppure sembra essere un grido
che lacera il mio udito
e sibila oltre la porta
dove tu stai agonizzando
ma non riesci a morire.
Io sono ancora
confuso
seduto a gambe incrociate
concentrato sul tuo sospiro
di sesso andato a male.
Sono un’ombra
pacata
nel buio dell’anticamera
la lama di luce dall’uscio
è come uno scanner insolente
che scende dalla mia fronte
e svanisce sul pavimento.
Tu intanto
stai supplicando
mi chiami ed io non rispondo
sebbene attratto dal sangue
che giunge da sotto la porta.
E sia,
maledicimi pure
le mani sulle mie orecchie
sono una barriera invalicabile
dai tuoi insulti indicibili
dal tuo pianto oramai tardivo
che rimbalza ogni parete.
Chissà perché
ti ho uccisa
dato che ti amavo tantissimo?
Mi sfugge un rispettoso sorriso
nel ripensare alla tua bellezza.
Passa una
falena e sussurra
parole che io non comprendo
poiché sono ancora confuso
o forse nient’altro che un pazzo
che dondola intanto che mormora
una nenia diretta alla porta.
N° 2725 - 3 marzo 2014
Il Custode
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