ma ero distante galassie
dal tuo sorriso artefatto
ed ansimando sudore
ho rinunciato a seguirti.
Tu tacevi
le tue parole e i pensieri
ma nascosto sotto la maschera
il tuo viso era un enigma
che io non decifravo.
Io annusavo
il silenzio chiuso da tempo
nella tasca del tuo paletot
aveva fragranza d’inverno
il gelo dell’amore migrato.
Ed ero solo
come chi affronta il cielo
e ricorda di avere scordato
le ali, persino la polvere
rubata allo scrigno di Trilli.
Chiedo venia
se ho mescolato memorie
alla rinfusa, come i miei sogni
le scrissi sul mio taccuino
naufragato in una pozzanghera.
Addio mia cara
che dirlo mi lascia sgomento
e faccio un respiro profondo
poi lo sospiro alla notte
infine mi smarrisco nel buio.
N° 3859 - 13 novembre 2019
Il Custode
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