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prestando attenzione
dentro la casa di ieri
sul pavimento oltre la soglia
ancora agonizza il mio cuore
tra le fughe delle mattonelle
il mio sangue tramutò in poesia
quella che io ti ho dedicai
e che tu vendesti alla zingara.
La tenebra
sulle pareti
è l’alone delle nostre ombre
un tempo talmente vicine
da sembrare un’unica macchia
ma una scossa di terremoto
disegnò una crepa sul muro
d’improvviso noi fummo distanti
quale fu mai il sortilegio?
Cigola la
sedia a dondolo
al vento piace quel suono
agli angoli d’ogni soffitto
danzano le tele dei ragni
lo stesso è per le tende
da sempre maestre di musica
persino i nostri spettri
per un attimo sorridono ancora.
All’interno di
un carillon antico
le gocce del tuo profumo
tu forse non lo ricordavi
ma per me era causa di estasi
e dentro la casa di ieri
ti tenevo stretta al mio petto
pensavi che fosse per proteggerti
in realtà era per non morire.
Sopra il
parquet impolverato
i passi percorsi dai miei anfibi
sono diretti verso il tuo letto
e sopra il letto, la tua bellezza
due occhi spiano con insolenza
sono gli occhi della solitudine
quella che sulle mie labbra
scrisse cattive parole d’addio.
Noi non fummo
molto loquaci
ma ci raccontammo l’essenziale
sicché spengemmo ogni voce
che non faceva parte di noi
dentro la casa di ieri
un giorno io giurai d’amarti
e seppure col cuore in poltiglia
non ho mai smesso di farlo.
N° 2971 - 6 agosto 2015
Il Custode
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