come il peccatore, l’assoluzione
quanto il fiore che implora al tramonto
un ultimo raggio di sole.
Supino sopra
i miei pensieri
invoco il tuo nome alla luna
è scivolato via dalle sue labbra
in un’arbanella dentro il mio cuore.
Cammino
quella fune sottile
che tu hai teso sul mio silenzio
adesso mi hai insegnato a parlare
parole che forse non vuoi sentire.
Ma seppure
talmente distante
io riesco a sfiorare il tuo viso
le mie dita diventano lucciole
sul tuo sentiero di oscuro dolore.
Quel tocco
lieve che nel parcheggio
ha avuto il persistente profumo
di un nuovo ritorno alla vita
di un amore profondo e sincero.
E ti vedo, e
continuo a volerti
puoi negarmi tutto, tranne la bellezza
di tenerti dentro i miei occhi
dove io so quanto ti amo.
N° 4070 - 3 maggio 2020
Il Custode
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