e si affacciò sulla
veranda
davanti ai suoi occhi
chiari
osservò nel grande
giardino
il miracolo della sua
arte.
C’erano fiori di ogni colore
da sembrare l’arcobaleno
e le api sfioravano il
cielo
poi planavano come
alianti
a caricare la stiva di
polline.
Il dolce sguardo dei cani
lo rendeva assai
orgoglioso
così come quello dei
gatti
che seppure alquanto
altero
era di certo
irresistibile.
Con la tazza di caffè in mano
Egli godeva di quel
paradiso
la perfezione che solo
un genio
avrebbe potuto mai
modellare
sopra una terra dapprima
arida.
la creatura da lui
prediletta
alla quale aveva donato
la sua immagine perfetta
forse anche il suo
pensiero.
Lo aveva plasmato con cura
con un intelletto
superiore
lo aveva fornito di
libero arbitrio
per proseguire durante i
secoli
quello che Egli aveva
tralasciato.
Ma mutò la sua espressione
davanti all’uomo,
creatura crudele
che aveva raccolto quel
sogno
tramutandolo in
un’utopia
un incubo che Egli
abiurava.
Sicché, ritto sulla veranda
Dio guardò e vide la
distruzione
le lacrime gli rigarono
il viso
mentre Egli pensò con
dolore
di avere dato vita ad un
mostro.
N° 3693 - 24 giugno 2019
Il Custode
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