Ho sognato
e la terra che mi seppelliva
era un affollato crocevia
di insetti voraci e veloci.
Unghie nere di
pece
e mi montava la rabbia
non le riuscivo a pulire
e pensavo cosa avrebbero pensato
le persone giunte al funerale
per un saluto o un bacio postumo.
La saliva che
producevo
era bibita di ghiaccio salato
le radici di piante e di fiori
mi tentavano all’inverosimile
se mai io avessi potuto
avrei girato cartine e filtrino
e però l’aria era scarsa
i polmoni otri pieni di fori.
In quel buio
fitto e pesante
i miei occhi erano torce
però la mancanza di ossigeno
spengeva le fiamme e il calore.
Mi annoiavo a
morte
nessuna talpa ad ascoltarmi
né formiche con cui litigare
sicché i giorni erano pigri
tutti uguali dal primo vagito
tutti identici all’ultimo delirio.
Non mi sono
svegliato
forse il sogno nel quale ero immerso
aveva un fascino irresistibile
e dei bei momenti da raccontare
nell’attesa della luce immensa
io, curioso come un bambino
attendevo di varcare il paradiso
oppure perdermi nell’inferno profondo.
N° 2804 - 28 settembre 2014
Il Custode
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