fra le tue gambe perfette
il profumo della tua alcova
dove la mia lingua scendeva
come un serpente in fuga
verso la tua umida tana.
Io percorsi ogni millimetro
della tua pelle incredibile
fino ad incocciare l’ostacolo
dei tuoi capezzoli eretti
con le dita io li scavalcai
per poi posarvi i miei baci.
Dopo precipitai a valle
sul sentiero del tuo basso ventre
ed è là che io fui perduto
nell’Eden delle tue grandi labbra
dove si smarrii il mio scettro
costruito di carne e di vene.
Io ti strinsi al mio cuore
nel mentre ti penetravo
la mente era ebbra di te
la passione, un gioco al massacro
di sensi che si innalzavano
e parole come volgari bisogni.
Ed io non dimenticherò mai
quell’ultimo sguardo d’addio
quando, raggiunto l’orgasmo
pensai tu potessi essere amore
e lo fosti ed eri talmente immenso
che fuggii lontano dal tuo destino.
N° 4115 - 13 giugno 2020
Il Custode
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