davo in pasto le mosche
ai ragni
e mi vantavo della mia
crudeltà
quasi che fosse la mia
armatura.
Ero gracile come uno scricciolo
ed avevo paura che il
vento
sollevasse i miei
pensieri reconditi
e mostrasse quanto io
fossi solo.
Camminavo sui binari del treno
come un funambolo sopra
la fune
poiché, anche se fossi
caduto
non lo avrei raccontato
a nessuno.
Io guardavo l’orizzonte lontano
appoggiarsi sul filo del
mare
ed ascoltavo le onde
cianciare
parole che chiudevo
nelle conchiglie.
Da bambino avevo mille criceti
ed un odio talmente
profondo
quando un giorno, sulla
provinciale
mio padre abbandonò il
mio randagio.
Io vedevo le donne mature
ed il mio cuore batteva
impazzito
il mio pene diventava
sasso
che quietavo con le mani
sapienti.
Non sapevo chi sarei diventato
né chi avrei voluto
diventare
avevo sogni dentro il
cassetto
divorati da tarme e
disillusione.
E però ho conservato il mio diario
dove ho scritto le
speranze sprecate
e mi rimprovero una cosa
soltanto
che da bambino avrei
dovuto morire.
N° 3531 - 14 dicembre 2018
Il Custode
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