come fecero gli apostoli
alla fine dell’ultima
cena
ed io, tradito e deluso
mi sedetti in un angolo
dal quale non seppi
rialzarmi.
Colò il sangue dalle ferite
degli occhi e delle mie
mani
crocefisso sulla tua
croce
io ti vidi voltarmi le
spalle
furono aceto, le tue
parole
che penetrò lo squarcio
nel petto.
Il mio peccato fu la solitudine
ma mille secoli di
sofferenza
infettarono i miei
pensieri
che tu però non capisti
mai
io non sopravvissi al
tuo veleno
come Cleopatra morsa
dall’aspide.
Cosa accadde a quell’amore
che tu millantasti una
notte?
Un sentimento in un
guscio di noce
in balìa dell’oceano in
tempesta
che fu inghiottito dalla
balena
al pari della tua misericordia.
Io ti annotai nel mio taccuino
come tu fossi stata una
reliquia
in un’antica piramide
azteca
ben occultata dalla
vegetazione
sicché il viandante
potesse sapere
per quale dolore io ebbi
a morire.
N° 3510 - 16 novembre 2018
Il Custode
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