delle speranze promesse
nel buio della tua
stanza
quando il vento taceva
nella notte sulla
pianura.
I tuoi occhi adorati
come moribonde marmotte
sono immagini indelebili
che io non posso
scordare
mentre osservo la vita.
Un percorso irto di spine
così fu quell’amore
ai bordi di una voragine
dove la mia anima
gridava
prima di cadere ai tuoi
piedi.
Che cosa ne è stato di te
e dei tagli sopra i tuoi
polsi?
La fame dentro il tuo
cuore
ti ha portata distante
dal mondo, dall’intera
realtà.
Io ho disegnato il tuo viso
sulle nuvole di un cielo
terso
ma se ancora potessi
ascoltare
il riflesso della tua
voce
potrei ancora ricordarmi
di te.
E però non credo ai romanzi
nemmeno ai fantasiosi racconti
sicché, e seppure
mentendo
io rinnego la tua
bellezza
e mi pento di averti
amata.
N° 3463 - 26 settembre 2018
Il Custode
Nessun commento:
Posta un commento