ad una spanna dal cielo
osservavano con
rassegnazione
creature distanti e
veloci
che muovevano senza una
meta.
Alcune posavano al suolo
fra gemiti, fiamme e
cenere
altre, con la voce di
tuono
sputavano parole e
delirio
che frantumavano il
vento.
E gli animali fuggivano
dalla furia degli esseri
umani
distruttori per
vocazione
oppure portatori
incurabili
della malattia della
prevaricazione.
E gli dei ebbero un fremito
di irrefrenabile rabbia
avevano tollerato per
secoli
con la cecità dei
semplici
con la stupidità degli
ingenui.
Sicché sollevarono le acque
e lasciarono che le
montagne
tramutassero in umida
argilla
che seppellisse quelle
creature
dal cuore infido e
malvagio.
E morirono tutti
gli innocenti e i
colpevoli
finanche i carnefici e
le vittime
e ritti sulla rupe più
alta
gli dei, alfine,
placarono l’animo.
N° 3452 - 10 settembre 2018
Il Custode
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