di falene libere
ed ancora lucciole
che lungo oscuri sentieri
accarezzavano cespugli
colmi di spine e di more.
E tenue quanto il silenzio
scendeva su di me la luna
ed io, estasiato
restavo e la contemplavo
come un soldatino di stagno
prossimo a bruciare d’amore.
I ragni soli nell’ombra
all’ombra delle loro tele
un tranello, eppure bellissimo
così come il suo sguardo
sicché mi facevo mosca
e vi cadevo ogni volta.
Perduto nel labirinto
io seguivo ogni direzione
e però era il suo nome
il suono della sua voce
che, come il filo di Arianna
mi conduceva al suo viso.
Ho aperto le porte al tramonto
e spento, come fosse candela
il vagito dell’aurora nascente
e adesso io rimango
ipnotizzato eppure appagato
nella notte dentro i suoi occhi.
N° 3759 - 21 agosto 2019
Il Custode
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