Sette pietre
nel lago
sotto le pietre, il tuo nome
io lo tenevo al riparo
dalla falce dell’inquisitore.
E però,
durante la tregenda
io ho perduto la mia bussola
il lago al di là della nebbia
e non riuscivo a vederlo.
E con un
antico aerografo
io ho disegnato la luna
sopra la schiena del cielo
e la notte cominciò a brillare.
Le lucciole,
gli anziani folletti
gli indiani dell’isola che non c’è
ma nessuno seppe indicarmi
il sentiero che conduce al salice.
Ho domandato
ad Alice
ma lei si tuffava nel mare
dove lo squalo si nutriva
col cappellaio e col gatto.
Sopra una
foglia di platano
ho chiamato i venti a raccolta
per sorvolare l’orizzonte
fino alla corte dell’aquila.
Sapevo che
dentro il suo becco
tu nascondesti l’anello
quello con dentro il veleno
della tua pozione d’amore.
Ma i venti
sono mutevoli
mulinelli e correnti ascensionali
scagliato oltre i bastioni di Orione
io, naufrago sperduto nel cosmo.
E le navi, e
gli astri nascenti
tra le fiamme di un inferno mite
ho chiesto di te a Lucifero
che ha sorriso un sorriso di sfinge.
Mi disse che
un tempo era un angelo
e quel tempo era alquanto noioso
mi ha donato una sfera di cristallo
ed una macchina verso il passato.
E rammentai
che eri una macchia
un’impronta di inchiostro sul muro
ma avevi una forma bellissima
un profilo di opachi coralli.
D’improvviso,
con uno starnuto
la nebbia si è diradata
ed oltre il fitto canneto
danzava il tuo spettro soave.
Ed io, dentro
la botte
che avevo rubato a Pinocchio
sono salpato all’istante
diretto alle tue labbra magnetiche.
Ma poi è
accaduto qualcosa
sul fondale del lago
le sette pietre sono svanite
e con le pietre, il tuo ricordo.
N°
3117 – 5 maggio 2016
Il custode
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