Talmente
esausto delle ferite
egli alfine si addormentò
sopra uno spuntone di roccia
mentre i lupi, con circospezione
ne osservavano la pelle squamata
e le ciglia di filo spinato.
Nella fretta
di fare i bagagli
dimenticò clessidra e bussola
come poteva conoscere il tempo
o la direzione dei propri pensieri?
Lo fece contando le lune
ma ogni volta perdeva il conto.
Sicché sognò
quell’unica donna
alla quale egli parlò d’amore
ma non capì mai perché lo fece
allora lei gli negò lo sguardo
e sulla strada fermò una nuvola
e si diresse incontro al suicidio.
Aveva inflitto
tanto dolore
che la sua mente cominciò a vacillare
mentre i frammenti del suo sorriso
si mescolarono a lacrime putride
e generarono malta e catrame
per costruire un muro invalicabile.
All’orizzonte
dell’ultima notte
si ricordò che ebbe un cuore
quindi rubò il becco ad un’aquila
ed aprì una voragine nel petto
il cuore volò via in un istante
come non gli fosse mai appartenuto.
Pare che egli
non si svegliò più
poiché la vita non gli garbava
siccome preso dall’oblio e dal silenzio
lasciò una lapide ed un epitaffio:
<<Io sono polvere e solitudine
ed ogni cosa per amore di Salem.>>
N°
3128 – 28 maggio 2016
Il Custode
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