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sabato 25 aprile 2015

IL CUORE SMARRITO

Lo cercavo tra i rovi
nella tregenda notturna
ed il bagliore dei lampi
era la mia luce guida.

E però, quella luna
era bella e infingarda
nel giro di un solo istante
mi fermai a contemplarla.

Il sussurro di un riccio
mi destò dal torpore
e tra le spine e le foglie
io annusai la mia vita.

Ed incespicai sul sorriso
di una marmotta insolente
che mi tirava per la giacca
e pretendeva i miei baci.

Allora chiesi ad un ragno
di aiutarmi a cercare
ma aveva ospiti a cena
ed ignorò la mia supplica.

Ma una falena pettegola
mi raccontò che la cicala
lo aveva visto tra i campi           
dentro un canale di scolo.

Cristo, quanto ero adirato!
Tanto da imprecare
avevo sprecato dei secoli
a guardare il posto sbagliato.

Sicché sono salito sul dorso
di una veloce libellula
sorvolando montagne e colline
diretto alla pianura distante.

La pioggia mi fustigava
o forse si trattava di lacrime
qualunque cosa che fossero
il loro sapore era buono.

Disceso sui fili d’erba
domandai alla prima gazza
la strada che portava al salice
e dopo il salice, il lago.

Ma il vento era assai forte
e quello che lei mi rispose
io non riuscii a sentirlo
allora ripresi il cammino.

Con la mia bussola in mano
e l’ago puntato sull’Est
io affondavo nel fango
ma non intendevo fermarmi.

Finché incrociai una talpa
col muso sporco di sangue
e fra i denti quel che restava
del cuore che avevo smarrito.

Mi disse che fu per la fame
e non era stagione di fragole
poi, con un rapido inchino
si congedò dalla mia vista.

Sconcertato e senza parole
sotto il campanile in frantumi
osservai il dirupo profondo
che si ergeva oltre il mio sterno.

E feci spallucce all’aurora
mentre il lupo mi rammentava
che senza il bisogno d’amore
quel cuore non mi serviva.

   N° 2889 - 23 aprile 2015

                                                   Il Custode

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