assuefatto alla solitudine
sicché ti perdo per noia
e ti dimentico per abitudine.
I miei passi
verso l’incerto
è tutto ciò che ho meritato
allorché ho mischiato il destino
ammettendo di avere barato.
Ma le tue
ultime parole
avevano un sapore amaro
io non le leggo da molti secoli
accecato dal mio cuore avaro.
E però, sopra
le mie mani
il tuo sangue scivola ancora
lungo il solco delle mie rughe
dove ha eretto la propria dimora.
Comunque sia,
in fondo al mio cuore
il dolore diventa frastuono
se lo racconto nessuno mi crede
ecco perché io non ti perdono.
Ma siccome non
sono che un folle
nonché plasmato di rabbia e delirio
io ti perdo per vittimismo
e mi compiaccio del mio martirio.
N° 3029 - 19 ottobre 2015
Il Custode
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