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sabato 5 settembre 2015

IL DOLORE DELL'ELEFANTE

Ho una buona memoria
e mi ricordo ogni cosa
la savana arida e rovente
e le acque dei coccodrilli
ancora la foresta intricata
dove urlavano gli scimpanzé.

Laggiù persino il leone
da sempre re incontrastato
si inchinava al mio passaggio
per una riverenza dovuta
alla mia mole, alla mia forza
ciononostante ero assai mite.

Poi sono arrivati costoro
dal volto bianco come l’avorio
ed aiutati dagli uomini d’ebano
hanno ammazzato diversi di noi
solo noi giovani sopravvivemmo
poi fummo spinti dentro le gabbie.

Da oltre le sbarre io li vedevo
gli uomini d’ebano con i machete
che infierivano sopra i cadaveri
strappando loro le zanne ed i denti
dopo ricevevano la ricompensa
il denaro macchiato del nostro sangue.

Attraversammo l’oceano immenso
fino alle terre di quei parassiti
io non so cosa fu dei miei fratelli
e mi ritrovai in questa prigione
dove in inverno è molto freddo
e il sole d’estate appare sbiadito.

Loro mi osservano da oltre le reti
ridono di me, e questo mi irrita
non sanno che piango la mia libertà
se lo sapessero non sarebbe importante
io non sono altro che un elefante
una creatura inutile da umiliare.

E mi ricordo ogni cosa
la savana dall’odore selvatico
il cielo azzurro della mia Africa
ed il ghepardo che insegue l’impala
ma nonostante la mia buona memoria
io mi sono scordato di vivere.

  N° 2991 - 30 agosto 2015

                                                  Il Custode

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