sopra fogli di antichi
papiri
ed affinché chiunque
sapesse
usò inchiostro di
calamaro
che asciugò con i raggi
del sole
e con il soffio dello
scirocco.
Lo aveva visto germogliare
come gemma di rosa
selvatica
fu allora che implorò il
cielo
di modellare pioggia
leggera
ed ancora, durante la
notte
la carezza di una luna
di fuoco.
Quanto mare, e quanta pianura
affrontarono i giovani
merli
con il becco imbevuto di
sale
e dell’immagine del suo
profumo
che lui aveva chiuso in
un otre
dal quale, robusto,
seppe fuggire.
Sopra la sua veranda di vimini
si abbeverava con la
rugiada
quella donna che parve
un delirio
e dai capelli di tela di
ragno
dove le stelle, come
sull’altalena
dondolavano ed intanto
ridevano.
Lei aspettava, nel frattempo pensava
parole, inchini e
qualche bugia
e però era talmente
bella
che ogni dolore le fu
perdonato
e dato alle fiamme come
ceralacca
si sciolse nell’aria
dell’ultima sera.
Sicché lo scrisse e lo rimpianse
il suo amore fatto di
pece
che partì ad incontrare
le tenebre
diventando invisibile al
cuore
che per rabbia annegò i
propri battiti
dentro un freddo
bicchiere di vino.
N° 3403 - 26 giugno 2018
Il Custode
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