Io ero la mano tesa
verso la tua anima
smunta
mentre, sull’orlo del
baratro
tu eri pronta a cadere
in fondo alla tua
solitudine.
Ero quel tenue sorriso
scritto sopra il mio
viso
per insegnare ai tuoi
occhi
il tragitto della
speranza
che hai perduto nel
vento
mentre parlavi alle
nuvole.
Io ero le unghie affilate
con le quali scavare la
terra
e riportare alla luce
il profumo della tua
bellezza
che sembrava essere
leggenda
però fece impazzire le
stelle.
Ero l’ultima parola buona
che la luna disse alla
marea
affinché tu imparassi ad
amare
ogni anfratto della tua
vita
prima che ti voltasse le
spalle
deridendoti a tua
insaputa.
Adesso io sono il dolore
quello che ti ho sempre
taciuto
quando hai indossato le
tenebre
e mi hai lasciato a
cercarti
dentro una zolla
d’argilla
dal profilo della tua
ombra.
N° 3402 - 24 giugno 2018
Il Custode
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