cullata dal canto del
corvo
a pensare di te, o amore
rinchiusa dentro le
segrete
aggredita da ratti
voraci.
Sicché io invidio la luna
la sola che può
accarezzare
la tua pelle di rosa e
di latte
i tuoi capelli di
tenebra antica
ed il viso da sempre
bellissimo.
E medito, ti sogno e medito
come attraversare la
valle
sopra il dorso del mio
destriero
e dopo, in agguato nel
bosco
aspettare il momento
propizio.
Ed il tempo è trascorso veloce
tanto che non me ne sono
accorto
mentre il cielo,
dapprima oscuro
adesso viene squarciato
dall’eco
della litania di subdoli
monaci.
I soldati, quegli sgherri infami
ti trascinano verso la
pira
mentre l’alba si tinge
del viola
del sole nascente, del
mio livore
nel vederti trattata
come una bestia.
Sul cavallo io scendo la collina
supero il fossato e dopo
il portone
spada sguainata quanto
il coraggio
muoiono gli uomini sotto
i miei colpi
ch’io possa liberarti
dalla prigionia.
Tu ora sei mia, o sublime amore
pronta a seguirmi oltre
il castello
la gente strepita per la
mattanza
qualcuno impreca ed
inveisce
ma io ascolto le tue
dolci labbra.
Ed ecco, lo vedo il tuo aguzzino
il vescovo in piedi
sopra lo scranno
giusto ad un tiro dalla
balestra
allora il dardo sibila
nell’aria
dopo si incastra nella
sua gola.
Egli non potrà più maledirti
né accusarti di
stregoneria
ed umiliarti davanti ai
villani
dopo avere ferito il tuo
corpo
ancorché la tua stupenda
anima.
Siamo distanti, o mio unico amore
e protetti dalle alte
montagne
sotto le stelle e le
falene
dove la notte sarà
ancore insonne
ma questa volta per i
nostri sospiri.
N° 3399 - 18 giugno 2018
Il Custode
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