Tu, miserabile
mortale
partorito dalla tempesta ellenica
sulla tolda di un guscio di noce
giungesti come una calamità
ad ammorbare la mia isola.
Sicché io ti
odio, o Nessuno
se questo fu il tuo vero nome
io ti desiderai quale pasto
ma tale si dimostrò la tua scaltrezza
da umiliare la mia grandezza.
Ma più dell’occhio
trafitto
brucia nel mio animo l’onta
che dopo il vino e nel sonno
tu non avesti rispetto di me
figlio del dio Poseidone.
Adesso, e come
un codardo
nascosto sotto il ventre degli ovini
tu fuggi e riguadagni il mare
mi riveli la tua identità, Odisseo
e la mia ira diventa tregenda.
Possa il mio
potente padre
sommergerti sotto le onde
e far sì che giammai tu raggiunga
le coste della tua patria
l’abbraccio della tua consorte.
Sicché io ti
odio, o Nessuno
che mi rendesti cieco in eterno
ad attendere la lieta novella
della tua avvenuta dipartita
e la conseguente discesa nell’ade.
N° 3187 - 13 settembre 2016
Il Custode
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