Una macchia
all’orizzonte
in balìa del cielo plumbeo
intanto noi, giù nella stiva
non siamo che spettri in fuga
in cerca della pace dell’anima.
Solca l’oceano
adirato
il nostro veliero fantasma
che dalle coste dell’Africa
è salpato incontro alla morte
col suo carico di disperazione.
Ogni tanto
torna ad emergere
per respirare un soffio di vita
intanto noi, giù nella stiva
siamo ombre alla catena
siamo merce da contrabbandare.
Né Europa,
neppure le Americhe
sono le acque dove affondammo
che corsero come ratti veloci
ad afferrare i nostri polmoni
per derubarli dell’ultimo fiato.
Noi destinati ad essere schiavi
ma ahimè divorati da queste onde
la stessa sorte dei carcerieri
le cui urla guidavano i remi
e la frusta sulle nostre schiene.
Un tuono, dopo
decine di fulmini
sulla coperta, a prora e babordo
e fustigato da un’onda maestosa
torna ad inabissarsi, il veliero
e a banchettare lo squalo affamato.
Da qualche
parte, verso Atlantide
né Europa, neppure le Americhe
laggiù riposano i nostri resti
distanti dalle coste dell’Africa
e dai giorni in cui eravamo liberi.
N° 2930 - 15 giugno 2015
Il Custode
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