Il primo, insolente fulmine
ne illumina l’intera
sagoma
ed esso, sulla cima del
colle
appare creatura
mostruosa
oscura e dagli occhi di
fiamma
e l’anima di ghiaccio ed
oblio.
Tuoni giù dal cielo di pece
quasi a voler coprire le
grida
che echeggiano dalle
segrete
forse di streghe ed
eretici
e carni alla mercé del
dolore
sotto i ferri degli
aguzzini.
Le cornacchie ferme sui merli
come spietate sentinelle
mentre volano sotto la
pioggia
pipistrelli dal ghigno
satanico
ed io amo quel suono
sinistro
delle loro ali dentro la
notte.
Sicché io violo il castello
la nebbia posa sul
pavimento
ed appoggiate alle
pareti
le armature mi guardano
passare
il loro sguardo è una
tagliola
che si arrampica alle
mie caviglie.
Adesso scendo nei sotterranei
e la discesa pare sia
interminabile
non ho paura, e come
potrei?
Con una torcia appesa al
muro
io illumino il mio
cammino
ovunque questo mi debba
condurre.
Annuso l’acre odore di zolfo
le mie narici ne sono
estasiate
nel sottosuolo di questo
maniero
mi attende l’inferno coi
suoi supplizi
e fiumi di fiamme alle
mie spalle
lamenti e lacrime a me
dinnanzi.
Appena entrato dentro la stanza
osservo i tavoli della
tortura
e uomini e donne che
agonizzano
non sono streghe,
neppure eretici
bensì monaci e suore
lascive
prossimi ad incontrare
l’Iddio.
…Il
primo, insolente fulmine
illumina la sagoma del
tetro castello
intanto io, molti metri
più sotto
accolgo i dannati ed i
peccatori
poiché il mio esilio è
terminato
e finalmente sono
tornato a casa!
N° 3416 - 25 luglio 2018
Il Custode