Impercettibile
eppure talmente profondo
da confondermi
ed in ginocchio, sull’erba
io annuso la nebbia
e con la nebbia, il tuo sospiro.
Soltanto un
lieve fruscio
ma tanto mi basta
per ritornare a pensarti
io non vedo, però immagino
parole che sembrano gemiti
sotto le foglie ingiallite.
Chi mai tu
fosti…
un ricordo che resta impigliato
sopra la tela del ragno
si agita, dopo precipita
dentro un cespuglio di rovi
per afferrarlo mi pungo le dita.
Adesso io
imploro
ed il vento pare ascoltarmi
diventa rabbia, poi furia
una lingua di fuoco nel cielo
un artiglio alquanto affilato
pronto a sgozzare le nuvole.
Soffia verso
la nebbia
che fugge per codardia
sicché io ti cerco, ti supplico
ma rimango da solo nel buio
non rimane che il tuo sospiro
inchiodato alle mie labbra.
N°
3135 – 9 giugno 2016
Antonio
Ambrico
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