Figlia dei
ghiacciai del nord
arrivò sopra una slitta di latta
e siccome non c’era la neve
la creò con un colpo di tosse
e le marmotte ci si tuffavano
ridevano e si tuffavano ancora.
La sua veste
di pece profonda
risaltava nel percorso di ovatta
sicché se intendeva nascondersi
corteggiava e circuiva la notte
ma la notte era preda del vento
e nel vento lei smarrì il sentiero.
Ed i secoli
trascorsero in fretta
quanto il fuoco che brucia le siepi
lei spalancò i suoi occhi di cera
ed ascoltò il sussurro degli alberi
e l’orizzonte diventava plumbeo
il suo cuore un carillon inceppato.
Appena vide il
bagliore del lampo
si coprì il viso con l’ala destra
si domandò cosa fosse quel posto
dove il cielo era sempre in tumulto
e però, se la pioggia scendeva
lo faceva per dipingere i campi.
Sulla pianura
sferzata dalla fuliggine
lei implorò la luna di ritornare
ma si sciolse nel calore invadente
dell’amore quale promessa vana
e le api raccolsero i suoi pensieri
per recare il suo nome distante.
Tra i
ghiacciai qualcuno la attese
ed inviò un gabbiano a cercarla
ma nessuno vide più le sue labbra
né ricordò il suono della sua voce
dove morì, in una pozza lucente
nacque un fiore di porpora e sangue.
N°
3139 – 15 giugno 2016
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