Fu a causa di
un errore del vento
quando volle schiarirsi la voce
che le lucciole in volo nel bosco
precipitarono in fondo al ruscello
e la notte, rimasta sola nel buio
si smarrì in un sentiero sinistro.
Ed allora
chiamò forte la luna
che faceva moine agli amanti
in posa, come una stella del cinema
ammaliava di sguardi falene e grilli
sicché, abbandonata al suo destino
la notte pianse gocce di cenere.
Sulla strada
che pareva di pece
una bambina raccoglieva i suoi sogni
ma resa cieca dalle fitte tenebre
non si avvide del pozzo profondo
e la notte tentò di afferrarla
prima che lei svanisse sul fondo.
E sul fondo un
orco aspettava
tavola imbandita di vino e di spezie
e la notte pensò: <<E’ colpa
mia…>>
quando vide schizzare via il sangue
<<Perché mi uccidi?>> domandò la
bambina
l’orco disse d’essere nato per quello.
Ed un
viandante vestito di amianto
si fermò fra le spighe di grano
e la notte bisbigliò al suo orecchio
ma egli era sordo dall’amore perduto
egoista nel calpestare i suoi ricordi
in un campo seminato di nostalgia.
Nella sua
sacca un solo tozzo di pane
stantio e raffermo quanto il suo cuore
e dentro gli occhi di mare in tempesta
onde violente come sputi di disprezzo
che bagnarono le gote della notte
ed i suoi seni che allattavano i lupi.
Richiamata da
lamenti disperati
essa raggiunse il dirupo sull’oblio
lassù una donna celebrava il suo dolore
la solitudine nel grembo della notte
e spalancò le sue ali di porcellana
troppo pesanti per volare dentro il cielo.
Infine la
notte si adagiò tra i monti
nauseata dal delirio respirato
attese il sole, e con il sole il giorno
poi si tagliò, con una scheggia di quercia
le sue vene dal profumo di salsedine
e decise, alfine, di non tornare mai più.
N°
3146 – 28 giugno 2016
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