Abito
l’oscurità
da quando, per puro caso
ho violato la tua anima
e l’umidità delle tue lacrime
è penetrata nelle mie ossa.
Adesso, io mi
domando
come spengere l’ultima fiamma
che distante, in qualche anfratto
ancora oggi riduce in cenere
i residui dei miei pensieri.
Intanto chiudo
gli occhi
affinché nella mia grotta
nessuno mi possa disturbare
e però, nel buio profondo
io rivedo ovunque il tuo viso.
Sicché mi
quieto
tranquillo come chi è morto
d’altronde è così che mi sento
dal momento in cui ti ho perduta
senza averti trovata mai più.
N°
3147 – 29 giugno 2016
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