Lei riusciva a percepirlo
il respiro affannato del
mostro
che la seguiva nell’oscurità
in quella notte di caldo
opprimente
che non sembrava adatta per
morire
e d’altronde, lei pensava
che non esisteva mai notte
né alcun giorno in cui si
deve morire.
Ed i suoi passi si facevano veloci
tra quelle strade troppo
vuote
e tutte quelle finestre
sbarrate
cosicché implorare un
disperato aiuto
rimase un pensiero
utopistico
incollato alla sua mente
fragile
ed il lezzo di sudore del
predatore
diventava più forte e più
vicino.
E non ebbe più tempo per pensare
in quella città deserta ed
egoista
poté soltanto tentare di
lottare
per abbandonare la sua
esistenza
con un’estrema scintilla di
dignità
mentre le mani di lui
stringevano la gola
ed il suo sesso sondava la
sua intimità
ansimando una bestialità
malvagia.
Fu così che quell’angelo
adoperò il suo ultimo
respiro
e si addormentò sull’asfalto
tiepido
carezzata dalla luce dei
lampioni
che lacrimavano al suo viso
stupendo
ed i suoi occhi di cielo
terso
rimasti tragicamente
spalancati
ad osservare la sua vita che
fuggiva.
N° 1026 - 31 marzo 2008
Il Custode
Nessun commento:
Posta un commento