Brezza di
parole gelide
che tu tenti di sussurrare
e che però invece sibilano
dallo squarcio della tua gola
annegano nel tuo sacro sangue
che scivola verso i tuoi seni
poi penetra nella voragine
dove dimorava il tuo cuore.
Le mie dita si
inebriano
di quel tuo fluido carminio
del nettare che era la vita
e adesso è freddo rubino
ed io lo porto al mio volto
tratteggio zigomi e gote
poi dopo sulle mie labbra
è questo il mio bacio d’addio.
Ma devo ancora
decidere
cosa fare di quei tuoi occhi
che seppure senza più luce
mi osservano con insistenza
nel solco sopra il tuo viso
adesso si formano crateri
baratro che odora di marcio
è il sentiero al tuo cervello.
Tu stanotte,
sulla battigia
sei pasto di granchi voraci
io dondolo come fossi il vento
per cullare il tuo sonno eterno
e seduto accanto al tuo corpo
intono la mia cantilena
che simile ad un canto funebre
saluta la tua dipartita.
N° 1977 - 21 febbraio 2012
Il Custode
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