Ha un sapore
amaro
si arrampica frattanto graffia
la mia gola ed il mio palato.
Distante
all’orizzonte
c’è l’ombra di chi tu fosti
passa un airone e racconta
di quando tu eri il vento
che muoveva fra i miei capelli
di quando diventasti pioggia
in bilico sopra i miei occhi.
Sotto le mie
unghie affilate
frammenti dei tuoi sospiri
perché mai mi guardasti
se non mi volevi vedere?
Io domando e neppure la sfinge
conosce qual è la risposta.
Un tempo ero
un saltimbanco
un giullare di professione
dopo trovai una ferita
che dal cuore scendeva veloce
verso gli anfratti dell’anima.
Nascosto
dentro la notte
ascoltavo la luna cantare
aveva voce da menestrello
che rallegrava le stelle
ma sussurrava parole cattive
strappate dal becco di un’aquila
quell’aquila che a sua volta
le aveva sentite da te.
“Chi sei tu, essere impavido
che riposi sopra la mia tela?...”
Fu la domanda del ragno
al quale voltavo le spalle
“…potrei divorarti in un attimo
ma in un attimo me ne pentirei.”
Adesso osservo
con garbo
le lucciole ed i miei desideri
che, chiusi in un’arbanella
illuminano la mia cucina
sul tavolo un bicchiere di vino
alla parete un vecchio lunario
e alla data di oggi è scritto
che il tuo amore, seppure maestoso
è stato soltanto un inganno.
N° 2830 - 6 dicembre 2014
Il Custode
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