sopra la sedia di vimini
e con le pupille di
vetro
ancora continui a
fissarmi
mentre la luce che
filtra
dalle persiane socchiuse
ti rende alquanto spettrale
un emissario del
diavolo.
Tu odori di maledizione
qualcosa che mi
sconvolge
e nella stanza, in
penombra
il tuo sospiro è come
vento
sferzante e molto gelido
e che mi graffia la
pelle
lasciando cicatrici
profonde
dal lezzo di zolfo e di
fiamma.
Chi sei, inquietante creatura
ed impietosa aguzzina?
Seppure piuttosto
impercettibili
li percepisco, i tuoi
movimenti
quasi di serpe che
striscia
ed infrange il totale
silenzio
eco di antichi
singhiozzi
da violenze e torture
subite.
Pare che tu abbia deciso
ch’io debba scontare la
pena
per le sevizie a te
inflitte
dai miei avi fanatici e
stolti
ma quale sarà mai la
colpa
perché adesso io devo morire?
Eppure la tacita
supplica
risulta, ahimè, essere
vana.
D’un tratto io non ti vedo più
ti cerco con lo sguardo
pavido
e che ora si abitua al
buio
alle ombre di questa
notte
e quando ritrovo la
vista
ti scorgo sopra il mio
volto
e tu sei una visione
tremenda
la morte che ottiene la
preda.
Lo sterno diventa tempesta
il mio respiro, un
uragano
io imploro, e però sono
muto
ed annaspo nella mia
urina
tu, orrenda bambola
gotica
hai ottenuto la tua
vendetta
sicché torni a sedere
con garbo
ed intanto il mio cuore
implode.
N° 3570 - 18 febbraio 2019
Il Custode
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