Oltre il
fiume, la fitta nebbia
dirada al tocco del vento
un’ombra smunta e sottile
mi tende il braccio avvizzito
e mormora frasi sconnesse
che io non so interpretare.
Sussurra dentro
il crepuscolo
il canneto che spunta dall’acqua
la luna nella volta del cielo
infastidita dal graffio delle nuvole
scaglia lacrime come saette
che si impigliano sopra i cespugli.
Ma i pensieri
di quel riflesso
che mi supplica dalla riva opposta
sono come schegge di marijuana
appoggiate alle mie narici
quella fragranza mi manda in estasi
io potrei desiderarne di più.
Un improvviso
fascio di luce
di colpo illumina quella presenza
i suoi contorni io li ho già visti
forse li ho perfino baciati
occhi rubati ad una marmotta
ed i capelli un manto di tenebra.
Adesso io
sento quello che dice
chiama un nome che non risponde
è disperata e grida più forte
verso un corpo adagiato alle onde
quel corpo è ciò che resta di me
che sono morto e non lo sapevo.
N° 3049 - 23 novembre 2015
Il Custode
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