Avrei voluto dirti i miei occhi
e la profondità della voragine
che li ha resi talmente spenti
da sembrare una notte infinita.
Tu li hai letti moltissime volte
che saresti in grado di disegnarli
sulle pareti della tua anima
sopra i pensieri che non ricordi.
Allora io ascolto dalle tue labbra
quel poco d’amore che mi rimane
ne avevo fatto briciole e sogni
con cui ho nutrito le mie paure.
Perché mai, tu, me l’hai rubata
la mia parvenza di solitudine?
Avrei voluto modellarla con garbo
e farne un simbolo della mia libertà.
Cerco dentro lo zaino sgualcito
un sorriso che non ho mai avuto
le mie mani raccolgono stelle
e le stelle non le ho mai apprezzate.
Adesso respiro quel tanto che basta
per non morire l’ennesima volta
e rileggo in fondo ai miei silenzi
che avrei voluto cadere da solo.
e la profondità della voragine
che li ha resi talmente spenti
da sembrare una notte infinita.
che saresti in grado di disegnarli
sulle pareti della tua anima
sopra i pensieri che non ricordi.
quel poco d’amore che mi rimane
ne avevo fatto briciole e sogni
con cui ho nutrito le mie paure.
la mia parvenza di solitudine?
Avrei voluto modellarla con garbo
e farne un simbolo della mia libertà.
un sorriso che non ho mai avuto
le mie mani raccolgono stelle
e le stelle non le ho mai apprezzate.
per non morire l’ennesima volta
e rileggo in fondo ai miei silenzi
che avrei voluto cadere da solo.
N° 4411 - 5 aprile 2021
Il Custode
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