Si muove nella
penombra
e semina grumi di fango
dal pavimento del bagno
sino al parquet della stanza.
Ha un ghigno
di luce sinistra
che alle falene non piace
e occhi di rosso profondo
quanto un oceano di sangue.
Stringe fra le
mani sudice
la mia anima evanescente
frammenti del mio cuore silente
si impigliano nelle sue zanne.
Ha il tocco di
un giovane ragno
e sul legno dispensa saliva
il lezzo di cimitero sconsacrato
impregna le pareti e il soffitto.
La sua voce è
simile al sibilo
di unghia che graffia l’ardesia
mi sussurra qualcosa di osceno
mi promette l’inferno allettante.
E scivola
dalle mie pupille
un misto di lacrima e di pus
mentre, costretto a baciarla
mi perdo in un onirico oblio.
Adesso sono
dentro al suo corpo
eppure è lei a possedere me
e io vedo, infine, il suo volto
e non desidero vivere oltre.
Non so se
questa è la morte
di certo non è più la vita
frattanto il mio respiro implode
in una bolla di delirante terrore.
in una bolla di delirante terrore.
N° 3199 - 5 ottobre 2016
Il Custode
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