divorati dal tempo
perduto
i vagiti della gioventù
vissuta
quella che noi
trascorremmo
anarchici per solo
istinto.
Sotto i giubbotti di pelle
gridavano cuori
distratti
che spesso cadevano al
suolo
e noi, attenti a non
calpestarli
con i nostri pesanti
anfibi.
Io credo che tu mi amassi
ma la mia anima era
piccina
tanto da non contenere
tutto quel bisogno
d’amore
che esondava dai tuoi
occhi.
I ricordi sono carezze molteplici
benché plumbei quanto la
musica
ascoltata nella penombra
e che sapeva bucare un
attimo
l’oscurità dei nostri
sguardi.
Io vorrei ritornare indietro
per ritrovare il tuo
viso
e vedere se reca ancora
quella flebile fiammella
di luce
che scaldava la mia
solitudine.
Ma forse, per via dell’alta marea
le lune sono oramai
tramontate
lasciandomi il grande
rammarico
di continuare a
rimpiangere
ogni istante vissuto
insieme a te.
N° 3557 - 23 gennaio 2019
Il Custode
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