Ricordo che da
bambino
scagliavo pietre nel lago
e mi sorprendevo ogni volta
da quanti balzi facessero
sopra le acque assai limpide
prima di adagiarsi sul fondo.
Io non mi
sentivo amato
lo confessavo alle lucertole
alle quali staccavo la coda
alle formiche che abbandonavo
agonizzanti sopra il terreno
in un letto di fiamme e di alcool.
E l’inverno il
naso colava
sangue perduto dai capillari
erano fragili quanto il cristallo
e non so se per il mio fisico esile
o per via delle percosse continue
dispensate dai miei genitori.
La notte era
la complice perfetta
alla quale confidavo i segreti
io lo so che non era discreta
e li raccontava alla splendida luna
e però aveva un tale profumo
che non potevo serbargli rancore.
Io non mi
sentivo apprezzato
lo scrivevo sopra fogli di carta
che riempivo di lucciole e mosche
e poi gettavo dentro il camino
perché se qualcuno li avesse letti
mi avrebbe preso per pazzo.
Ricordo che da
bambino
tutto sommato ero felice
adesso, e per quanto io uccida
non ritrovo quelle sensazioni
sicché essere uno zelante aguzzino
è diventata un’incombenza gradevole.
N° 3255 - 20 marzo 2017
Il Custode
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