Scivolò nella
mia tasca
come fosse una farfalla ferita
e perduta la polvere d’ali
si adagiò sopra la stoffa
in attesa di un soffio di vento
che lo recasse alle mie labbra.
Io mi domando
ancora
tu che cosa pensavi
in quel pomeriggio di marzo
che odorava di ruggine e treni
mentre, confusi tra i campi
stonavano i grilli in amore.
D’improvviso
io lo ritrovai
impigliato sul mio palato
ed il sapore del tuo bacio gentile
valeva quanto la vita intera
che se io fossi morto quel giorno
non avrei avuto altro rimpianto.
Preparai uno
scrigno d’ottone
e nello scrigno deposi il tuo nome
tra le rose e in mezzo alle spine
per ricordare sempre il tuo viso
e raccontarlo alla luna nuova
curiosa quanto i gatti di strada.
Adesso, e
sopra le mie dita
il tuo profumo è un incendio
brucia la mia anima arida
e il delirio che ho dentro gli occhi
quando guardo la notte e ti cerco
dimenticando d’essere cieco.
N° 3176 - 29 agosto 2016
Il Custode