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lunedì 29 febbraio 2016

MIRIAM NELL'OMBRA

Sento il tuo respiro
e pare un tuono assordante
nel buio, lungo le scale
tu sei una serpe che striscia
verso di me che paralizzato
mi rassegno al tuo ritorno.

Io so quanto mi odi
è così da quando ti ho uccisa
ma non pensavo che tu tornassi
nella notte, sotto il diluvio
assetata di vendetta
affamata della mia anima.

Sicché io spalanco la porta
tenerla sbarrata non ha senso
non sarebbe questo a fermarti
a placare la tua ira immensa
io resto in attesa, nell’ombra
con lo sguardo fisso al ballatoio.

Supplicarti è una stupida cosa
quanto spiegarti le mie ragioni
ho provato un’estrema emozione
nel portati via la tua vita
adesso accetto il mio destino
non c’è posto dove potrei fuggire.

Cigola un lamento il parquet
mentre entri nella mia stanza
tu sei pallida, comunque bellissima
d’improvviso io non ho più paura
mi abbandono al tuo ultimo bacio
e di colpo il mio cuore si ferma.

  N° 3083 - 29 febbraio 2016

                                                     Il Custode

venerdì 26 febbraio 2016

IL SIGNORE DEGLI INSETTI

Coleotteri rapidi ed affamati
portatori di antiche sventure
sul mio mantello di falene morenti
nella mia bocca che vomita vento.

Piaghe d’Egitto alquanto voraci
le locuste conquistano il cielo
e si alzano in volo dalle mie mani
che si spalancano verso la notte.

Io ho i capelli di mosche e di luna
dalle narici mi fuoriescono ragni
sono artefice di un’oscura tregenda
una tragedia relegata in un canto.

E le farfalle, un tempo arcobaleno
ora sbiadiscono come rune di ruggine
sputano sangue sopra fiori appassiti
e dopo muoiono senza alcun lamento.

Orgia di scarafaggi in pieno delirio
sopra la terra sotto la quale dimoro
ogni tanto qualche verme si ferma
per un tea da sorseggiare d’un fiato.

Sono signore di insetti e di ferite
quelle che infliggo a chiunque io amo
la mia anima è in balìa delle api
e come polline si perde molto lontano.

  N° 3082 - 26 febbraio 2016

                                                      Il Custode

giovedì 25 febbraio 2016

SEPOLTA VIVA

Hai trascorso così tante notti
sepolta viva nella tua stanza
che le pareti ed il pavimento
hanno il solco delle tue lacrime.

Il riflesso della tua solitudine
filtra dai fori delle veneziane
quasi intendesse disintegrare
la tenebra che ti avvolge l’anima.

Nell’armadio, e non reca a Narnia
e però ti serve quale rifugio
per sfuggire tutte quelle paure
che ti hanno indotta alla disperazione.

Talmente bella che se fossi all’Olimpo
si inchinerebbe la stessa Afrodite
eppure graviti nel tuo cimitero
dalle emozioni oramai putrefatte.

Tra le lenzuola il seme e la rosa
quello che resta del tuo ultimo amore
lo hai barattato con la tua ira
che si dissolse quando fu troppo tardi.

Sopra la lapide che ti custodisce
ancora l’impronta delle tue unghie
tu le hai spezzate tentando di uscire
senza riuscire a varcare la porta.

  N° 3081 - 25 febbraio 2016

                                                      Il Custode

martedì 23 febbraio 2016

IL MORSO DELLO SCORPIONE

Hai la pelle talmente liscia
che io, sopra di te
mi aggrappo ma scivolo
e cado verso il tuo pube
e l’odore che trovo mi piace
sicché io ti bacio e ti pungo
e ti mordo con voluttà
infine ti pungo ancora.

Selvatica quello che occorre
tu fremi, dopo ti agiti
hai la libido dentro lo sguardo
e nessuna paura
di soffrire, di morire
il mio veleno è bollente
e scalda la tua solitudine
accende la tua voglia di sesso.

Sussulti il tuo primo respiro
e l’ultimo violento orgasmo
mentre le mie pinze stringono
e carezzano i tuoi capezzoli
pare sia il tuo estremo saluto
ma non è che il principio dell’estasi
poiché qui, dentro il mio cuore
tu sei un amore immortale.

  N° 3080 - 23 febbraio 2016

                                                      Il Custode

lunedì 22 febbraio 2016

ELEGIA AMERICANA

Ho ancora nelle narici
l’odore della disperazione
ed il fuoco che bruciava le tende
il sangue che tingeva il deserto
ho ancora nelle narici
il sudore dei soldati a cavallo.

Le donne, supine come conchiglie
proteggevano i loro bambini
ma i proiettili, alquanto insolenti
non davano scampo a nessuno
le donne, supine come conchiglie
si arenavano sopra la sabbia.

Ho disceso il fiume arido
inseguito dai cespugli secchi
che danzavano come sciamani
al suono di un vento robusto
ho disceso il fiume arido
oltre il teschio dell’anziano bisonte.

Questa terra mi apparteneva
la dividevo con il lupo ed il puma
ma ogni volta che io uccidevo
pregavo l’anima del mio avversario
questa terra mi apparteneva
ed apparteneva all’intera natura.

I tamburi al di là della valle
quasi un’elegia per la mia gente
e la prateria adesso è una distesa
di cadaveri dall’età indefinita
i tamburi al di là della valle
campane a morto per la mia tribù.

Io giacevo e non respiravo
sotto il cactus, sotto gli avvoltoi
avevo perso mocassini e pugnale
e la mia vita…però non le lacrime
io giacevo e non respiravo
sotto il cielo, per mano degli europei.

  N° 3079 - 22 febbraio 2016

                                                     Il Custode

venerdì 19 febbraio 2016

I MORI ED I BARBARI

Questa gente non mi garba
sicché io riempirò il fossato
ed alzerò il ponte levatoio
affinché i mori ed i barbari
non possano violare il castello
ed infettarmi del loro morbo.

Le mie difese sono robuste
ma costoro, alquanto perseveranti
usano ingegno, seppure selvaggi
per penetrare la mia fortezza
ma con l’olio bollente io li brucio
con i miei arcieri io li decimo.

Sono già pronte le catapulte
nel piazzale retrostante le mura
palle di fuoco adesso saettano
in direzione dell’accampamento
ardono gli arabi come le torce
urla strazianti fendono l’aria.

Pregano un Dio che io abiuro
e vogliono imporlo al mondo intero
non hanno rispetto per le donne
i fanciulli sono merce di scambio
e sono individui pericolosi
assetati di sangue e di violenza.

Nessuno mai li volle respingere
per poi scacciarli sotto le onde
quando costoro con le loro navi
si sono affacciati alle mie coste
ed eccoli pronti, ora, nella vallata
a trucidare tutto il mio popolo.

Questa gente non mi piace
sicché ne farò ossa, dopo polvere
e campi e pianure concimate
dei loro resti fetidi e molli
affinché non abbiano a ritornare
i maledetti mori insieme ai barbari.

  N° 3078 - 19 febbraio 2016

                                                      Il Custode

mercoledì 17 febbraio 2016

LA FUGA DELLA VOLPE

Dove potrei mai fuggire
mentre i cani e gli umani
paiono volermi stanare
perfino in fondo all’inferno?

Nella brina della brughiera
io annuso la morte
ed ha un odore forte
che stordisce cuore e polmoni.

Quale reato avrei commesso?
Quale la colpa imperdonabile
se costoro mi danno la caccia
quasi io fossi una criminale?

Si alza assieme alla nebbia
il suono cupo del corno
lacera l’aria, sfregia le nuvole
dopo desta un sole assopito.

Adesso il mio manto rossastro
risalta nell’erba bagnata
dove potrei mai nascondermi
per scampare ai morsi ed al fuoco?

Molto veloci, in sella ai cavalli
gli umani mi sono addosso
in livrea, come fosse una festa
mentre sono i miei ultimi istanti.

Fra le spighe della vallata
io ingurgito sogni alla rinfusa
ed hanno la forma astratta
della mia vita ora tenebra e sangue.

  N° 3077 - 17 febbraio 2016

                                                    Il Custode

venerdì 12 febbraio 2016

L'ATTIMO

Io ti vorrei…
fu un pensiero talmente violento
che il desiderio si frantumò
e chiuso in fondo ad un otre
diede vita a giovani lucciole
imprigionato dentro una nuvola
rese il cielo gelido e plumbeo.

Tu mi manchi davvero…
era soltanto un lieve bisbiglio
impigliato a del filo spinato
dopo crebbe simile all’edera
sanguinando frammenti di cuore
e come polline in balìa del vento
infettò le radici dell’anima.

Carpe diem…
eppure l’attimo non venne colto
ma racchiuso in una conchiglia
diventò una perla, poi ruggine
quasi la eco di solitudine antica
e sepolto dalle macerie di Atlantide
infine annegò sul fondale del mare.

  N° 3076 - 12 febbraio 2016

                                                     Il Custode

lunedì 8 febbraio 2016

ANAMNESI

Io immagino
sorrisi svaniti distante
e parole       
oramai senza alcun senso.

E penso
reminiscenze di antichi amori
e ricordi calpestati in un canto
un’anamnesi che reca dolore
cicatrice stretta fra i denti.

Però, quelle lacrime
progenitrici di un acquitrino
in cui ogni supplica fu vana
sotto il peso dell’odio profondo
non mi seppero tenere a galla.

E mi rassegno
adesso che affondo da solo
con questo mio cuore
a specchiarsi in una pozzanghera.

  N° 3075 - 8 febbraio 2016

                                                    Il Custode

domenica 7 febbraio 2016

UNA PARTITA

<Oggi il cielo è davvero oscuro
pare essere la giornata ideale
per nutrirsi di anime sole…>
e la signora indossò il mantello
poi si fermò in cima al gargoyle
infine spiccò un volo veloce nell’aria.

Annoiato e silente nella sua stanza
il ragazzo intrecciava i pensieri
sdraiato sopra il letto di morte
rigurgitava antichi ricordi
e sembrava una facile preda
per la dama giunta dagli inferi.

Lei si insinuò come vento gelido
dalla finestra, seppure sbarrata
ma scostò con garbo le tende
quasi temesse di recare disturbo:
<facciamo presto, ho molto da fare
saluta soltanto chi amavi davvero…>

Io non ho nessuno…” disse il ragazzo
tu sei l’unica che si ricordi di me…”
un lieve sogghigno di derisione
solcò il volto della nera signora
la compassione, virtù sconosciuta
agonizzava in un angolo buio.

Fermati e siedi di fronte a me
io ti propongo una partita
l’ultimo mio desiderio terreno
una gara di scacchi, una possibilità
io scelgo i pezzi, quelli neri
sicché tu avrai la prima mossa…”

Sebbene interdetta da tanta insolenza
lei acconsentì l’inusuale richiesta:
<qual è la posta che hai stabilito?...>
Domandò al suo contendente
“se io vinco avrò il tuo destino
altrimenti avrai da me vita e servigi…”

La dama spese una fragorosa risata
poi osservò severa il moribondo:
<tu sei già morto, è indiscutibile
la tua anima mi apparterrà presto
se proprio non hai altro da offrire
questa partita non ha senso alcuno…>

Non sapendo cosa più replicare
il ragazzo affondò fra le lenzuola
la signora ebbe un fremito di orgoglio
e mormorò alcune brevi parole:
<se tu vinci avrai salva la vita
altrimenti vedrai svanire chiunque tu ami…>

Lo sguardo di lui ritrovò nuova luce
ed annuì con fare molto deciso:
“facciamo presto, hai molto da fare
anime deboli e sole da poter circuire…”
e la dama conquistava pezzo su pezzo
quella partita pareva oramai segnata.

La signora vinse ma cominciò a svanire
e non comprese mai quale fu la ragione
…se tu vinci avrai salva la vita
altrimenti vedrai svanire chiunque tu ami…
questo era stato il patto, ma lei non sapeva
d’essere l’unica che lui amava davvero.

  N° 3074 - 7 febbraio 2016

                                                   Il Custode

giovedì 4 febbraio 2016

L'ISTINTO

Ho seguito l’istinto
per questo ti ho amata tanto
quel giorno in cui, sotto la neve
io ho incontrato il tuo viso.

L’inverno ne era geloso
e mi percuoteva la pelle
con schiaffi sempre più gelidi
e sbuffi modellati di ghiaccio.

Ma il fuoco sulle tue labbra
bruciava quanto l’inferno
ecco perché io elemosinavo
un bacio, poi un altro ancora.

Nessuna voce poteva distrarmi
dalla tua immensa bellezza
e fu per istinto che io tacqui
mentre lo sguardo ti contemplava.

Nell’aria il tuo profumo
il cielo diventò afrodisiaco
ed il nero dei nostri vestiti
scivolò sopra l’erba bagnata.

L’inverno era giunto al declino
il tuo sesso, una dolce conchiglia
per questo ti ho amata tanto
ed ancora sono folle di te.

  N° 3073 - 4 febbraio 2016

                                                    Il Custode

martedì 2 febbraio 2016

PICCOLA CANTINA DEGLI ORRORI

Mi ricordo ogni pensiero
che vedevo dentro il tuo sguardo
e mentre scendo nella cantina
io annuso ancora il tuo dolore
e l’odore del sangue raffermo
impastato al pavimento in cemento.

Come una falena nella mia trappola
tu ti agitavi, ma inutilmente
intanto i ragni, psicopatici guardoni
ti osservavano dalle loro tele
e non avevi alcun Dio da pregare
sicché non potevi che piangere.

Tu, appesa alla trave di legno
come un angelo sospeso nel cielo
mi imploravi di avere pietà
una utopia dolcissima e ingenua
perché mai avrei dovuto ascoltarti
quando non lo feci mai con nessuna?

La tua morte si rifletteva sul vetro
delle bottiglie di vino pregiato
e nella penombra della cantina
i tuoi occhi erano stupende gemme
talmente belli che la tua fine
l’avrei ricreata per infiniti istanti.

Adesso io uccido per sola inerzia
per riprovare quel momento magico
e però ripenso spesso al tuo viso
frattanto che cercava l’ultimo respiro
e divento triste poiché mai più nessuna
ha saputo morire come hai fatto tu.

  N° 3072 - 1 febbraio 2016

                                                   Il Custode