Serena
come non gli importasse
del sangue che scivolava
dalle sue vene
dall’angolo delle sue labbra.
Il suo sguardo
fantasticava
inseguiva nuvole e cirri
e benché lei stesse morendo
riusciva ancora ad apprezzare
la poesia della natura.
Il freddo
sulla sua pelle
era tenue eppure insolente
quanto il ricordo graffiante
di quell’ultimo amore vissuto
dell’ennesimo sogno sprecato.
E pigolava
lo scricciolo sul davanzale
pareva volesse esortarla
a ritornare alla vita
ai giochi, insieme, sulla veranda.
Ma era troppo
tardi
adesso scendeva l’oscurità
a dipingere i monti e la pianura
lei spese ancora un sorriso
dopo, infine, morì serena.
N° 3242 - 6 febbraio 2017
Il Custode
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